🌸 Disegno da quando ero bambina.
Non ricordo un momento preciso in cui abbia "iniziato": creare è sempre stato il mio modo naturale di stare al mondo.
Anche mia mamma amava disegnare.
Forse è da lei che ho ereditato questo gesto silenzioso, il bisogno di fermare un'emozione con una linea, con un colore, una forma.
Col tempo il disegno è diventato pittura: olio, acrilico, acquarello, stoffa e ceramica decorata, a volte collage, a volte parola.
Scrivevo anche un diario, fin dai 15 anni.
Era il mio rifugio, il mio spazio.
E da quelle pagine, piano, piano sono nate anche piccole poesie.
Erano semplici, ma vere.
Come germogli che sbocciano nel silenzio, quando nessuno guarda.
Senza saperlo, stavo cercando un linguaggio, uno spazio in cui esprimere ciò che a voce non trovava forma.
Mettere le mani nei colori, nei materiali, nelle immagini...era un modo per ascoltarmi.
Non era solo un gesto creativo: era un gesto di cura, anche quando non ne ero pienamente consapevole.
Poi ho scelto di approfondire.
Mi sono formata come operatrice in arteterapia con Artedo, perché sentivo il bisogno di dare radici a quel sentire, di conoscere meglio il linguaggio che già abitava le mie mani da sempre.
Non ho scelto la formazione solo per arricchire i miei laboratori, ma perché questa strada è profondamente mia.
Volevo accompagnare con l'arte, creare spazi in cui le persone potessero sentirsi accolte, viste, libere di esprimersi.
Per me l'arteterapia non è mai stata "un mestiere da aggiungere", ma una vocazione che stava già crescendo, silenziosa, dentro ogni mio gesto creativo.
In questi anni ho vissuto e osservato quanto il creare possa essere trasformativo, anche nei gesti più piccoli: una mano che si muove sul foglio, un oggetto che prende forma, un colore che diventa voce.
Mi torna in mente una bambina, durante un laboratorio.
Mi aveva raccontato che la notte non riusciva a dormire.
Quel giorno avevamo creato degli acchiappasogni, intrecciando fili, perline, piume e desideri.
Quelle piccole creazioni, ispirate a un'antica leggenda dei nativi americani, sono simboli di protezione.
I sogni belli passano attraverso la rete e scendono lungo le piume fino a raggiungere chi dorme. Quelli cattivi restano impigliati e si dissolvono con la luce del giorno.
Qualche tempo dopo, la bambina mi disse con un sorriso: "Il mio acchiappasogni funziona davvero, dormo benissimo ora!”
Chissà se è stato davvero l'acchiappasogni...o il fatto che, finalmente, qualcuno l'aveva ascoltata, le aveva dato tempo e uno spazio in cui esprimersi.
Credo che entrambe le cose contino.
E che quando si crea con il cuore, qualcosa dentro si placa.
Oggi, più che mai, credo che creare sia un atto di fiducia.
Una forma gentile di resistenza.
Un modo per ricordarci che non siamo fatte solo di doveri, ruoli e obiettivi...
ma anche di visioni, intuizioni, domande.
E’ bellezza che chiede spazio.
Non serve essere brave, non serve saper disegnare.
Serve solo fermarsi, accogliere e lasciare che qualcosa si trasformi, dentro e intorno a noi.
Questa per me, è arteterapia.
Non qualcosa di distante, da manuale.
Ma un modo di stare. Di ascoltare. Di restare umani.
A chi sta cercando un modo per ritrovarsi:
inizia da un foglio bianco, da un gesto semplice.
Da un colore che ti chiama.
A volte, la cura comincia così.
A piccoli passi,
Daniela
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